Per molte donne, la menopausa chirurgica, ovvero la rimozione di entrambe le ovaie, rappresenta un intervento salvavita o comunque in grado di cambiare la vita. Viene spesso eseguita come misura preventiva per chi è ad alto rischio di sviluppare tumori ovarici o al seno. In altri casi, serve ad alleviare i dolori causati dall’endometriosi, una condizione in cui il tessuto uterino cresce al di fuori dell’utero stesso. Ma la menopausa chirurgica può avere effetti sul cervello.

L’asportazione delle ovaie

L’epidemiologa e direttrice del dipartimento di prevenzione presso la Wake Forest University School of Medicine Michelle Mielke ha spiegato che “circa una donna su otto ha subito l’asportazione delle ovaie, alcune prima e altre dopo la menopausa naturale. Per le donne ad alto rischio di cancro ovarico e al seno a causa di una mutazione del gene del cancro al seno o con una forte familiarità per queste patologie, i potenziali benefici dell’ovariectomia bilaterale premenopausale (rimozione di entrambe le ovaie prima della menopausa) possono superare i rischi associati alle suddette condizioni. Tuttavia, per le donne a rischio normale di cancro ovarico, i rischi di altre malattie successive possono superare i benefici”.

Il ruolo delle ovaie per il corpo

Ricerche precedenti avevano già dimostrato che la rimozione di entrambe le ovaie prima della menopausa naturale può aumentare il rischio di malattie cardiovascolari e demenza nelle pazienti. Ma qual è il legame tra le ovaie e il nostro cervello? “Oltre alla loro funzione riproduttiva, le ovaie sono importanti organi endocrini che secernono ormoni sia prima che dopo la menopausa”, ha precisato la professoressa Mielke, spiegando che “pertanto, svolgono numerose azioni non riproduttive importanti mediate da recettori presenti nella maggior parte dei tessuti e organi del corpo, tra cui cervello, muscoli, ossa, vasi sanguigni, cuore e tratto gastrointestinale”.

I rischi della menopausa chirurgica per il cervello

Partendo da queste premesse è chiaro che “l’asportazione di entrambe le ovaie comporta una brusca diminuzione di estrogeni e testosterone nelle donne… Di conseguenza, la rimozione delle ovaie, soprattutto prima della menopausa naturale, può causare una significativa interruzione endocrina con effetti su più organi e sistemi in tutto il corpo”. Nonostante circa 600mila donne si sottopongano annualmente a questo intervento, sono ancora poche le ricerche sugli effetti a lungo termine di questo sconvolgimento ormonale. Tuttavia, la situazione sta iniziando a cambiare grazie a nuove ricerche.

Le ricerche sulla menopausa chirurgica

Nel 2010, i ricercatori della Mayo Clinic hanno pubblicato un articolo sulla rivista Women’s Health evidenziando un legame tra la rimozione delle ovaie e la demenza, il deterioramento cognitivo e i problemi di salute mentale. Ora, la professoressa Mielke e i suoi colleghi hanno utilizzato la risonanza magnetica per esplorare i meccanismi alla base di questa associazione. Nel loro studio, pubblicato sulla rivista Alzheimer’s and Dementia, il team della Wake Forest ha analizzato i dati di risonanza magnetica di circa 100 donne che avevano subito l’asportazione delle ovaie prima dell’inizio della menopausa. In particolare, erano alla ricerca di cambiamenti nell’integrità della materia bianca, il tessuto situato nei profondi del cervello e costituito da fibre nervose e dal loro isolamento grasso.

I risultati

La materia bianca rappresenta circa metà del cervello umano e svolge un ruolo fondamentale nel collegare diverse regioni cerebrali. La perdita di integrità della sostanza bianca può influenzare la capacità del nostro cervello di inviare segnali coordinati tra queste diverse aree, con possibili ripercussioni sulla capacità di apprendere, elaborare i ricordi, mantenere l’equilibrio e risolvere i problemi. E, a quanto pare, questa integrità può essere compromessa dalla menopausa chirurgica. “Le donne che avevano subito un’ovariectomia bilaterale premenopausale prima dei 40 anni presentavano una riduzione significativamente più marcata dell’integrità della sostanza bianca in diverse regioni del cervello”, ha affermato la professoressa Mielke.