Gli estrogeni sono gli ormoni che proteggono la donna per tutto il periodo della sua fertilità, riducendo il rischio di malattie come quelle cardiovascolari. Cosa succede quando, a partire dai 46-48 anni, si esaurisce la riserva di ovociti nell’ovaio e con essi la produzione di estrogeni? Lo abbiamo chiesto al Professor Alessandro Genazzani.
Professore, quale ruolo svolgono gli ormoni estrogeni?
Io dico sempre che, per il sistema nervoso centrale della donna, gli estrogeni sono come l’olio per il motore di un’automobile, ovvero un lubrificante che mantiene ben oliato tutto il sistema. Quando diminuiscono fino a scomparire, il primo a diventare vulnerabile è il sistema termoregolatore, con le note “vampate”. Anche il tono dell’umore si fa “ballerino” e stati d’animo alti e bassi possono alternarsi da un’ora all’altra. In un arco di tempo più ampio, 5-10 anni, intervengono modificazioni più importanti, come quelle a carico delle ossa: perdendosi la capacità di “montare” l’osso tipica degli estrogeni, possono sorgere problemi di osteoporosi.
Anche i tessuti sono coinvolti in queste trasformazioni?
Sì, nel senso che perdono elasticità. Lo si vede bene nella pelle (collagene ed elastina, le fibre elastiche che le danno sostegno sono regolate dagli estrogeni), ma pure tendini e muscoli possono deperire e dare luogo ad artromialgie anche in donne tutt’altro che sedentarie. Inoltre, sempre a causa della carenza ormonale, perdono tono e si assottigliano i tessuti di vescica, uretra e vagina, dando luogo a secchezza e dolore durante i rapporti.
Qual è la risposta della medicina a questi problemi?
Per tutelare il livello degli ormoni, il ginecologo può studiare una terapia sostitutiva tagliata su misura in base alle necessità della paziente e somministrare sotto forma di pastiglie e o cerotti un mix variabile di estrogeni e progesterone. Per la secchezza vaginale, prescrive prodotti per uso locale, perché in questa zona i vasi sono piccolissimi e i tessuti non possono essere raggiunti dagli ormoni assunti per bocca o attraverso il cerotto.
Ci sono delle controindicazioni a queste terapie?
Sì, sono sconsigliate per chi ha o ha avuto un tumore al seno o malattie oncologiche estrogeno dipendenti, difetti di coagulazione, predisposizione familiare all’ictus.
Quali sono le possibili alternative?
L’interesse della medicina si è rivolto al cosiddetto ormone della giovinezza, il DHEA o prasterone, prodotto dalle ghiandole surrenali. Circola nel sangue, ma si attiva solo quando viene catturato e internalizzato nel citoplasma delle cellule che hanno gli enzimi per degradarlo e assorbirlo dando luogo a estrogeno, progesterone, androgeno. Le cellule di vagina, uretra e vescica possiedono tali enzimi: applicato in loco, il prasterone-DHEA viene degradato all’interno delle cellule dall’azione degli enzimi e i suoi “scarti” (i cataboliti) sono i tre tipi di ormoni capaci di aumentare quantità e densità delle fibre elastiche della mucosa vaginale, proteggere le terminazioni nervose, incrementare la lubrificazione. In pratica, si eliminano le cause della secchezza e del dolore.
Quali sono i vantaggi?
Il prasterone si attiva a livello intracellulare: gli ormoni cui dà luogo non entrano in circolo e non possono creare problemi alle persone per cui la terapia ormonale non è consigliata. Non solo: le cellule dell’endometrio, nell’utero, non hanno gli enzimi per trasformarlo, quindi questa delicata zona non viene toccata dall’azione del prasterone applicato nell’area vaginale.
Alessandro D. Genazzani – Professore presso il Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche Materno-Infantile e dell’Adulto e Dirigente medico Struttura complessa di Ginecologia al Policlinico di Modena e Reggio Emilia.